Battaglie In Sintesi
429 a.C.
Figlio di Tere, fratello di Sparadoco, fu re del tracico regno degli Odrisî nella seconda metà del sec.V (dal 440 circa al 424). Il suo regno, all'inizio della guerra del Peloponneso, si estendeva da Abdera e dall'alto corso dello Strimone fino all'Istro e al Mar Nero, sopra un territorio di circa 130.000 kmq. Sitalce venne a contatto con i Greci l'anno 431, quando strinse con Atene un patto d'alleanza; due anni dopo, nel 429, per invito del generale ateniese Agnone, preparò una grande spedizione che avrebbe dovuto sommergere la Macedonia, accrescendo ad occidente il regno degli Odrisî e assicurando agli Ateniesi il sicuro possesso della Calcidica. L'esercito (150.000 uomini, al dir di Tucidide, dei quali un terzo cavalieri) scese lungo la valle dell'Assio: Idomene fu presa, la pianura fino a Pella devastata. I Tessali trepidavano; gli Ateniesi stessi, temendo di soccombere sotto l'orda da loro suscitata, non mandarono la loro flotta nella Calcidica, come era nei patti. Onde Sitalce, venendo a mancare di viveri e già incombendo l'inverno, venne a trattative con Perdicca di Macedonia e fece ritorno nel suo regno senza alcun acquisto territoriale. Nel 424 intraprese una campagna contro i Triballi, nella quale trovò la morte.
Figlio di Alessandro Filelleno (450 circa-414 circa a. C.). Sembra certo che quando Alessandro nel 450 circa morì, Perdicca non gli succedette subito sul trono. Un fratello maggiore, Alceta, avrebbe dovuto regnare, ma questi fu presto eliminato da Perdicca d'accordo con un altro fratello, Filippo. Perdicca e Filippo si divisero allora il regno, e a Perdicca ne toccò subito o poco dopo la maggior parte; a Filippo restò una vasta zona nella regione del Vardar. Perdicca cercò in seguito di eliminare del tutto questa divisione, favorita e appoggiata da Atene per ovvi interessi, ma vi riuscì Solo verso il 432, mettendosi in urto con Atene, che tentò di far ricuperare a Filippo il suo regno. La vicenda si complicò poco dopo, quando i prodromi della guerra del Peloponneso, da Perdicca acutamente interpretati, gli offrirono la possibilità di unirsi con tutta la Lega peloponnesiaca nella sua lotta contro Atene. Egli cercò anche, allora, di strappare ad Atene le confederate nella penisola calcidica, concedendo alle città indifese la possibilità di abbandonare i loro territorî e di spostarsi in Macedonia. Il piano fu parzialmente frustrato dall'energica politica di Atene, che seppe far ribellare, alle spalle di Perdicca, il principe della Lincestide (vassallo della Macedonia), mentre occupava Terme, il principale porto macedonico. Perdicca dovette allora cominciare, per riavere Terme, quella politica audace e cauta di altalena, che continuò sino alla morte, riuscendo a mantenere salda l'unità della Macedonia, nonostante gli attacchi che di volta in volta le portarono i contendenti. Nel 429 Perdicca riuscì anche a evitare gli effetti, che potevano essere letali, dell'invasione di Traci Odrisî guidati da Sitalce; nel 424 impedì che le imprese dello spartano Brasida in Tracia danneggiassero eccessivamente la Macedonia e riuscì anzi a pattuire con Brasida un aiuto per domare la Lincestide; infine negli anni 417-14 cooperò, senza giungere ad aperto conflitto con Atene, a evitare che essa ricuperasse Amfipoli. Precipitatosi forse leggermente in un conflitto che doveva estenuare la Macedonia per venti anni, Perdicca seppe però evitare i maggiori mali, lasciando al figlio Archelao un regno solido. Troppo preoccupato delle guerre per poter dare molto incremento alla cultura (ma alla sua corte fu Ippocrate), egli cercò d'introdurre nuclei greci in Macedonia e accolse, oltre ai Calcidesi già ricordati, anche gl'Istiei che Pericle aveva cacciati dall'Eubea (446 circa a. C.).
Circa i medesimi tempi, sul cominciare di quest'inverno, Sitalce odrisio figliolo di Tereo, re dei Traci, mosse le armi contro Perdicca figliolo di Alessandro, re di Macedonia, e contro i Calcidesi della Tracia, per causa di due promesse, una delle quali voleva gli fosse attenuta, l'altra attenere egli stesso. È da sapere che Perdicca trovandosi alle strette sul principio della guerra aveva fatto a Sitalce delle promissioni, solo che lo riamicasse con gli Ateniesi, e non riconducesse in patria (per farlo re) Filippo suo fratello che gli era pure nemico: ora però non eseguiva quello che aveva promesso. Sitalce poi quanto a se aveva convenuto, quando fece alleanza con gli Ateniesi, di por fine alla guerra calcidica nella Tracia. Per queste due promesse adunque faceva la spedizione;e conduceva seco Aminta figliolo di Filippo per porlo sul treno dei Macedoni, Agnone come capitana, ed anche gli ambasciatori ateniesi che a quest'oggetto si trovavano presso di lui; conciossiaché gli Ateniesi pure avevano impegnato la parola di concorrere alla guerra contro i Calcidesi con flotta e buon numero di genti.
Partito adunque dagli Odrisii sommuove prima tutti i Traci infra il monte Emo e Bodope, su'quali egli imperava sino al mare, dal Ponto Eusino all'Ellesponto; poi i Geti al di là del monte Emo, e tutte le altre parti abitate di qua dal fiume Istro più verso il mare detto Ponto Eusino. I Geti e gli altri di questi luoghi confinano con gli Sciti, usano la medesima armatura, e son tutti arcieri a cavallo. Invitava ancora molti dei Traci montanari che sono liberi, armati di coltella, e chiamami Dii, ed abitano la maggior parte sul Rodope; dei quali alcuni ne guadagnava col soldo, altri lo seguivano volontari. Sollecitava ancora gli Agriani ed i Leei, e gli altri popoli della Peonia soggetti al suo impero. Questi erano gli ultimi del suo dominio che si stendeva sino ai Graei e Leei della Peonia, e sino al fiume Strimone, che dal monte Scomio scorre a traverso dei Graei e dei Leei , ove aveva confine il suo territorio dalla parte che guarda i Peonii, i quali di lì in poi sono liberi. Dalla parte dei Triballi pure liberi lo confinavano i Treri ed i Tilatei. Abitano cestoro a settentrione del monte Scomio, ed a ponente si stendono sino al fiume Oscio che nasce nel monte stesso, come pure il Nesto e l'Ebro. Cotesto monte è disabitato, vasto ed attaccato a Rodope.
L'impero degli Odrisii, quanto alla sua grandezza, dalla parte che arriva sino al mare, si stende dalla città di Abdera al Ponto Eusino fin dove imbocca il fiume Istro. Il giro di questa costa per il cammino più corto, se il vento soffi continuamente da poppa, con una nave tonda si fa in quattro giorni ed altrettante notti. Per terra poi la via più corta da Abdera sino all'Istro un uomo spedito la fornisce in undici giornate: tanta è la sua estensione su la parte di mare. Ma verso terraferma da Bizanzio fino ai Leei e allo Strimone (impercechè in questa linea è la maggior distanza del mare da terra) la gita può compirsi da un uomo spedito in tredici giornate. Il tributo di tutto il paese barbaro e delle città greche, secondo che lo han pagato sotto Sente (che succeduto nel regno a Sitalce lo rese gravissimo) montava alla somma di circa quattrocento talenti d'argento, che si pagavano in oro ed argento. Piè di minor valore eranoi doni i quali non al re solamente, ma ai magnati degli Odrisii e potenti presso lui venivano offerti, che in oro e che in argento, senza contare le stoffe a opera e lisce ed altri mobili. Poiché, al contrario di quel che si pratica nel regno di Persia, aveano cotesti signori messa l'usanza, che dura anche presso gli altri Traci, di pigliare piuttosto che dare; ed era maggior vergogna per chi richiesto non dava, che per chi chiedendo non otteneva. Cotale usanza per la potenza di quelli durò lungo tempo; nè era possibile di concluder nulla senza donativi, il perché il regno venne a gran potenza, sendo che di quei di Europa tra il seno ionico e il Ponto Eusino, esso fu il più considerabile pel provento di denaro e per ogni altra sorta di opulenza. Ma nel valor guerriero e nella moltitudine delle soldatesche fu di gran lunga inferiore a quel degli Sciti; al quale non che sieno da agguagliare le nazioni d'Europa, ma neanche in Asia avvi nazione, che da solo a solo possa resistere contro tutti gli Sciti d'accordo. Nondimeno in accorgimento e prudenza per le altre cose concernenti la vita, non sono da mettere alla pari con le altre nazioni.
Sitalce adunque re di si vasto paese preparava il suo esercito; e poiché ebbe ordinato il tutto, mosso il campo si incamminava verso la Macedonia, passando prima pe' suoi stati, e dipoi per Cercina monte disabitato, conterminale dei Sinti e de' Peonii, tenendo la strada da lui stesso aperta col taglio della foresta quando portò la guerra contro i Peonii. Da Odrise marciando pel monte avevano a destra i Peonii, a sinistra i Sinti e i Maidi; e passato che l'ebbero giunsero a Dobero città della Peonia. Nel cammino non soffri perdita veruna dell'esercito, salvo che pochi per malattia, anzi lo ebbe accresciuto; imperceché molti di quei Traci liberi lo seguitarono, benché non chiamati, per avidità di bottino: talchè si dice l'intero "esercito essere stato non meno di cento cinquantamila, per la maggior parte fanti, ed il terzo cavalli. Il grosso della cavalleria lo somministravano principalmente gli Odrisii, e con esso loro i Geti. Della fanteria i più agguerriti erano quei che portavano coltella, gente libera scesa da Rodope. Il resto poi della turba che li seguiva era un mescuglio di ogni sorta di gente, formidabile più che altro pel suo gran numero.
Facevano pertanto la massa a Dobero, e disponevano di assaltare dalla parte montuosa la Macedonia inferiore, di cui era padrone Perdicca; poiché sono compresi tra' Macedoni anche i Lincesti e gli Elimioti ed altri popoli più dilungi dal mare, i quali sebbene confederati de' Macedoni e loro soggetti, seppure hanno ognuno il suo regno. Ma quella che di presente si chiama Macedonia marittima l'acquistarono e vi regnarono i primi Alessandro, padre di Perdicca, e i suoi maggiori discendenti da Tèmene, che ab antico venivano da Argo in questo modo. Primieramente superarono in battaglia e scacciarono dalla Pieria i Pierii, che poi presero stanza in Fagrete sotto il monte Pangeo al di là dello Strimione, ed in altri luoghi (onde ancora si chiama seno pierico quella terra che dalle falde del Paugeo si stende alla marina), quindi dalla Bottia i Bottiesi che ora abitano ai confini dei Calcidési. Acquistarono ancorà lungo il fiume Axio una lingua di terra della Peonia, che dall'alto della montagna va sino a Pella ed al mare; e di là dall'Axio fino allo Strimone posseggono quella che si chiama Migdonia, d'onde scacciarono gli Edoni. Cacciarono inoltre da quella adesso chiamata Evordia gli Evordi (la maggior parte dei quali restò trucidata, ed una piccola porzione passò a stanziare intorno a Fusca), e dall'Almopia gli Almopi. Finalmente questi nuovi Macedoni ridussero in loro potestà altri popoli, e li ritengono ancora, come Antemunte, Grestonia, Bisaltia, con gran parte del territorio che apparteneva ai veri Macedoni. Tutto questo corpo di stati è compreso sotto il nome di Macedonia, di cui era re Perdicca figliolo di Alessandro, quando Sitalce vi portò le armi.
Or questi Macedoni, per la impossibilità di resistere al numeroso esercito che li assaliva, si ritirarono ai luoghi forti di situazione, e nelle poche castella del paese. Perocché quelle che ora vi si veggono le edificò poi Archelao figliólo di Perdicca, giunto che fu ad esser re: aperse e dirizzò strade, ordinò acconciamente tutte le altre cose, e particolarmente la milizia, fornendola di cavalleria e di fanteria grave e di ogni altro corredo, meglio che tutti insieme gli altri otto re prima di lui. L'esercito dei Traci partendo da Dobero, assaltò primieramente gli stati antichi di Filippo, espugnò Edomene, ed ebbe per dedizione Gortinia, Atalanta ed alcuni altri castelli, i quali si resero, atteso l'amicizia avevano per Aminta figliolo di Filippo che si trovava nell'esercito. Assediarono anche Europo, ma non poterono prenderla: allora si avanzarono nel resto della Macedonia su la sinistra di Pelle e di Cirro; ma al di qua di queste due città non arrivarono né alla Bottica né alla Pieria, anzi davano il guasto alla Migdonia, alla Grestonia e ad Antemunte. I Macedoni poi non avevano neanche il pensiero di far loro resistenza colla fanteria: ma colle genti a cavallo chiamate dagli alleati dell'interno, benché poche di fronte a molti, dove giudicassero opportuno correvano addosso all'esercito dei Traci, e dovunque gli attaccassero, nessuno sosteneva l'impeto d' uomini a cavallo valorosi ed armati di lorica. Laonde, comecché accerchiati dalla moltitudine, osavano mettersi a repentaglio con oste tanto più numerosa di loro: ma da ultimo si rimasero anche da ciò, reputandosi inabili a cimentarsi contro forze si esorbitanti.
Intanto Sitalce dichiarava a Perdieca le cagioni della sua spedizione: ma siccome gli Ateniesi diffidando ch'ei v'anderebbe non erano comparsi colla flotta, e solo gli avevano inviato ambasciatori con dei presenti, prende il partito di distaccare parte di sua gente contro i Calcidesi ed i Bottici, e rinchiusi che li ebbe dentro le castella, ne saccheggiò il territorio. In vedendolo osteggiare intorno a questi luoghi, i Tessali di mezzogiorno, i Magneti e gli altri sudditi dei Tessali, e gli altri Greci fino alle Termopile temettero che l'esercito potesse avanzarsi anche contro di loro, e già si andavano preparando. Impaurirono anche tutti i Traci settentrionali abitatori delle pianure di là dallo Strimone, i Panci, gli Odomauti, i Droi, i Dersei, popoli tutti independenti. Corse pur voce fino tra quei Greci che erano nemici degli Ateniesi, che indotti da questi per titolo di alleanza marcerebbero anche contro di loro. Sitalce però, intanto che si tratteneva, dava il guasto alla Calcidica, alla Bottica ed alla Macedonia. Con tutto ciò non gli riuscendo nulla di quel per cui erasi mosso, tanto più che l'esercito era stremo di vettovaglia e molestato dal verno, si lascia persuadere a sollecitare la ritirata da Sente figliolo di Spardoco, suo nipote, che aveva dopo lui la più grande autorità. Si era Perdicca conciliato segretamente Sente, colla promessa di dargli in isposa la sua sorella con ricca dote. Sitalce pertanto acconsenti e tornò sollecitamente a casa coll'esercito, dopo essersi fermato trenta giorni, otto dei quali presso i Calcidesi. Dipoi Perdicca, secondo che avea promesso, dà a Sente la sua sorella Stratonica. Così andò la spedizione di Sitalce.
Tratto da:
"Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto", Firenze, Tipografia Galileiana, 1835.